23 e 24 novembre – SALA MERCATO
LA SCIMMIA
di e con Giuliana Musso
Liberamente ispirato al racconto Una Relazione per un’Accademia di Franz Kafka
Traduzione e consulenza drammaturgica di Monica Capuani
Musiche originali composte ed eseguite da Giovanna Pezzetta
Movimento a cura di Marta Bevilacqua
Assistente alla regia Eva Geatti / Direzione tecnica Claudio Parrino / Costumi Emmanuela Cossar/ Trucco Alessandra Santanera / Produzione musicale Leo Virgili / Costruzione elementi scenici Michele Bazzana /Assistente alla produzione Miriam Paschini / Foto Adriano Ferrara, Manuela Pellegrini
Produzione La Corte Ospitale / Coproduzione Operaestate Festival Veneto con il sostegno del Teatro Comunale Città di Vicenza (progetto Residenze 2018 – We art 3)
Consulenza scientifica Valeria Vianello Dri, Annamaria Rossetti, Giovanna Bestetti
«Quando affermo che corpo e cervello formano
un organismo indissolubile, non esagero.
In realtà, sto semplificando troppo».
Antonio Damasio, L’errore di Cartesio
«…così divenni naturalmente insicuro anche della cosa
a me più vicina, il mio stesso corpo».
– Franz Kafka, Lettera al padre
Un essere per metà scimmia e per metà uomo appare sul palcoscenico. È un vero fenomeno: un animale che parla, canta e balla. Un buffone, un mostro comico. È nato dalle ferite dell’anima di Franz Kafka, nel 1917, mentre i nazionalismi facevano tremare le vene dell’Europa. Rivive oggi, dopo cent’anni, in una nuova riscrittura di Giuliana Musso, con una più forte consapevolezza politica ed esistenziale. Si rivolge ad un auditorio di illustri Accademici, all’alta società del pensiero e della scienza e racconta la sua storia. Scimmia libera, unica sopravvissuta di una battuta di caccia, catturata, ingabbiata e torturata, non può fuggire e per sopravvivere alla violenza sceglie l’adattamento: imita gli umani che l’hanno catturata, impara ad agire e a ragionare come loro. La scimmia dunque deve dimenticare la vita nella foresta, rinunciare a sé stessa, ignorare la chimica del proprio corpo e così imparare. Imparare il nostro linguaggio. Impara ad ignorare l’esperienza, a pensare senza sentire. “La Scimmia” è il racconto di una strategia di sopravvivenza che prevede la perdita di sé stessi e del proprio sentire nel corpo. È la descrizione di un’iniziazione inevitabile alle solite vecchie regole del gioco del patriarcato, che impone la rinuncia all’intelligenza del corpo, al sapere dell’esperienza e dell’emozione. Si tratta di una rinuncia drammatica: senza quella voce interiore, integra e autentica, come si può esprimere l’intelligenza empatica così indispensabile alla sopravvivenza del vivente? La scimmia è il corpo che vive, sente e quindi pensa. È l’animale pienamente umano. La scimmia siamo noi.
NOTE DI GIULIANA MUSSO Ho conosciuto La Scimmia grazie all’incontro con Monica Capuani che mi ha proposto di leggere un suo adattamento teatrale del racconto di Franz Kafka “Una relazione per un’Accademia”. Attraverso Monica ho conosciuto anche l’attrice britannica Kathryn Hunter, profonda e magistrale interprete di questo monologo kafkiano. Ma la volontà di creare uno spettacolo è nata solo quando ho scoperto che La Scimmia avrebbe potuto staccarsi dalla dimensione assegnatale dal suo autore per trovarne una più vicina ai temi che mi sono cari. Ho iniziato un percorso di sovrascrittura che mi ha condotto sempre più lontano da Kafka e vicino ad una proposta di riflessione di stampo antropologico. Una delle autrici che più mi hanno ispirato per questo lavoro drammaturgico è stata Carol Gilligan, psicologa dell’evoluzione e studiosa di etica. Il tema principale che ho voluto sviluppare è l’adattamento dell’individuo ad un sistema culturale violento, dominante, pericoloso. Violento perché normalizza la violenza, dominante perché gerarchizza tutti gli esseri viventi, pericoloso, perché ci spinge a una razionalità disumanizzante. In questa mia scrittura la trasformazione della scimmia in umano diviene chiara metafora dell’iniziazione dell’individuo al sistema culturale patriarcale. La conquista della razionalità è descritta come perdita di sé, di autenticità, di coerenza, perché è una razionalità che essenzialmente reprime i bisogni primari degli individui. Lo sviluppo di questo macroargomento nel racconto della Scimmia si declina in alcuni sotto-temi quali la natura dei processi cognitivi, come ci viene proposta dai più recenti studi nell’ambito delle neuroscienze, ossia del pensiero inteso come prodotto di un corpo vivente integro, libero e senziente. Fonte di ispirazione sono stati autori quali Antonio Damasio, Frans De Waal, Candace Pert, Daniel J. Siegel. La voce di questi scienziati ha fatto da cornice alla potente suggestione che questo uomo-scimmia ha avuto sui miei sogni e i miei pensieri. Un’altra forte motivazione che mi ha spinto alla produzione di questo monologo è la mia passione per la natura buffonesca dei caratteri di commedia. Questo personaggio è a suo modo un buffone, tenero come Charlot, diabolico come un arlecchino. La Scimmia è diventata un attore del varietà e parla ai Signori dell’Accademia: facendo il cretino per il pubblico nutre la sua infinita fame di umanità. Ridendo di quello stesso pubblico che compiace ogni sera trova uno spazio di libertà. Il buffone sul palco resiste così alla violenza.
«Una sana resistenza psicologica diventa una buona resistenza politica». – Carol Gilligan
Giuliana Musso, classe 1970, vicentina d’origine e udinese d’adozione.
Attrice, ricercatrice, autrice, Premio della Critica 2005, Premio Cassino Off 2017 e Premio Hystrio 2017 per la drammaturgia, è tra le maggiori esponenti del teatro d’indagine: un teatro che si colloca al confine con il giornalismo d’inchiesta, tra l’indagine e la poesia, la denuncia e la comicità. Una poetica che caratterizza tutti i suoi lavori: una prima trilogia sui “fondamentali” della vita, Nati in casa, Sexmachine e Tanti Saluti (nascita, sesso e morte), e poi un impegnativo viaggio nella distruttività del sistema patriarcale con La città ha fondamenta sopra un misfatto (ispirato a Medea. Voci di Christa Wolf), La Fabbrica dei preti (sulla vita e la formazione nei seminari italiani prima del Concilio Vat. II) e Mio Eroe (la guerra contemporanea nelle voci di madri di militari caduti in Afghanistan). Nel 2019 debutta a Mittelfest il monologo, La scimmia, testo originale ispirato al protagonista del racconto di Franz Kafka Una relazione per un’accademia. Il suo ultimo lavoro DENTRO. Una storia vera, se volete, esito di un’indagine teatrale sul tema della violenza intra-familiare, ha debuttato per Biennale Teatro 2020.
I suoi testi sono stati pubblicati e tradotti in antologie, raccolte e riviste: Senza Corpo. Voci dalla nuova scena, a cura di Debora Pietrobono, Minimun Fax Media (2009); Donne che non seguono il copione, a cura di Milagro Martín Clavijo, Aracne editrice (2015); Italian Literature in Translation. Vol. II Theatre, a cura di Monica Capuani, Istituto italiano di Cultura a Londra (2017); My Hero, traduzione di Patricia Gaborik, nella sua versione integrale è edito da Frank Hentschker, Valeria Orani in New Plays from Italy, vol. 3 (2019). I testi integrali di Mio eroe e Dentro sono stati pubblicati dalla rivista Hystrio. Dal 2008 La Corte Ospitale, Rubiera (RE), è la sua casa di produzione.
RASSEGNA STAMPA
Teatro e critica
La scimmia kafkiana di Giuliana Musso di Andrea Pocosgnich
20 Luglio 2019
Si diceva spesso, una volta, di quegli attori che non riuscivano a far altro se non copiare gesti e battute del regista. «Non fare la scimmia» qualcuno avrebbe ammonito. Come a dire che quella capacità creativa, autonoma e unica è propria dell’essere umano e l’essere animale, anche quello a noi più vicino, è incapace di predisporre tale mistero e altro non può fare se non ricalcare pedissequamente. È una delle tante immagini che possono balzare alla mente nella complessità dell’opera vista in anteprima a Pergine Festival, La scimmia, interpretata (e creata) da Giuliana Musso, una delle più importanti ed efficaci soliste del nostro teatro.
L’allestimento fa parte della scuderia della Corte Ospitale, vera e propria fucina di artisti della scena, che può vantare tra le proprie produzioni anche quelle di Danio Manfredini, Oscar De Summa, Babilonia Teatri, Silvia Gribaudi.
Lo spettacolo è andato in scena al Teatro Don Bosco di fronte a un nutrito pubblico popolare, a dimostrazione del fatto che con un’adeguata guida e direzione artistica e organizzativa i piccoli centri possono diventare territori di sperimentazione. Luoghi in cui far ibridare i linguaggi e gli sguardi: a Pergine il monologo di Giuliana Musso, rigoroso e per certi versi classico nell’approccio attorale, è arrivato dopo una serie di proposte multidisciplinari. Dalla danza, alle performance di attraversamento del borgo, passando per le installazioni, i progetti di drammaturgia sonora site specific, fino a veri e propri esempi di audience engagement, con l’obiettivo così di creare una relazione continua con la geografia cittadina. È stato dunque naturale ritrovare di fronte alla “scimmia” di Giuliana Musso quei cittadini/attori che la sera prima erano andati in scena al termine di un percorso progettuale della compagnia romana Dynamis, nel quale si interrogavano proprio sulla passione e sul significato dell rappresentazione teatrale. Allora per alcuni di quegli amatori del teatro il confronto con quella donna nei panni di una scimmia divenuta attore del varietà sarà stata un’ulteriore riflessione sulle possibilità della scena.
Il lavoro dell’artista vicentina si configura d’altronde come un’opera teatrale densa di rimandi e stratificazioni, in grado dunque di parlare a pubblici diversi. L’abbrivio è rappresentato da un racconto breve di Franz Kafka del 1917, Una relazione per un’Accademia. Come accadrà nel più celebre Cuore di cane di Bulgakov, lo scrittore praghese muove la riflessione a partire da un accadimento fantastico: la mutazione di una scimmia in essere umano. La differenza netta con il racconto russo però è spiazzante e naturalmente si nutre della filosofia kafkiana: il mutamento non avviene per innesto scientifico, ma è inteso come processo misterioso e tutto interiore. La scimmia, catturata in una regione dell’Africa, viene segregata e torturata, fino a quando dentro di essa avviene un processo di evoluzione che la porta a comprendere che l’unica via di salvezza è diventare ciò che la tiene in cattività, ovvero un uomo.
Il mutamento, che a questo punto neanche possiamo chiamare più “evoluzione”, avviene attraverso la violenza e la sottomissione; è lo scarto tragico di Kafka e non lascia scampo a nessuna salvezza. Ma il radicalismo immaginifico del boemo arriva a trasfigurarsi nella metafora più calzante che potrebbe esserci, quella dell’attore/intrattenitore. L’affermazione sociale della scimmia nel mondo degli uomini avviene attraverso il riconoscimento di un talento: l’animale diviene una celebrità. Proprio grazie a una mistificazione è riuscito a salvarsi e per mezzo di una serie di mistificazioni si guadagna da vivere. «Questo personaggio è a suo modo un buffone, tenero come Charlot, diabolico come un Arlecchino», afferma Musso, continuando: «La scimmia è diventata un attore del varietà e parla ai Signori dell’Accademia: facendo il cretino per il pubblico nutre la sua infinita fame di umanità. Ridendo di quello stesso pubblico che compiace ogni sera trova uno spazio di libertà. Il buffone sul palco resiste così alla violenza».
La messinscena va dunque vista quasi come una prosecuzione naturale del racconto, dove l’oratorio a cui si rivolge la scimmia è il pubblico teatrale in rappresentazione dell’umanità tutta, ma anche semplicemente l’approdo di quel percorso in cui il passaggio finale non può che essere il teatro. Appare giustificato, in questo senso, anche l’approccio mimetico impresso all’interpretazione. L’attrice e autrice infatti, oltre a fare un lavoro che ella stessa chiama di «sovrascrittura» (partendo anche da punti filosofici e scientifici) sulla drammaturgia, cesella un’interpretazione di altissimo livello per rigore, tecnica e misura. Sbalorditiva proprio per quella volontà e capacità di rimanere in bilico tra i il mondo animale e quello degli umani: della scimmia rimane qualche verso, ma soprattutto delle impronte fisiche tanto piccole quanto significative; nei momenti di spalle, ad esempio, con la schiena leggermente ricurva da un lato e quelle gambe non del tutto tese, il carattere animalesco vive sotto pelle proprio in quella posizione sbilenca che ricorda anche un po’ Charlot.
https://www.teatroecritica.net/2019/07/la-scimmia-kafkiana-di-giuliana-musso/
Sipario “La scimmia” di e con Giuliana Musso di Maura Sesia Giovedì, 07 Novembre 2019
Una serata al Mittelfest di Cividale del Friuli, a cui manca poco per festeggiare il trentennale, non sarà esaustiva dell’integrità del cartellone, come sempre molto variegato tra prosa, danza e musica, ma può riservare ottime sorprese. È infatti un lavoro di grande bellezza il monologo La scimmia di e con Giuliana Musso, liberamente ispirato a Una relazione per un’Accademia di Franz Kafka, tradotto da Monica Capuani. Musso si avvale di uno staff molto al femminile, con le musiche originali di Marta Bevilacqua, i costumi di Emanuela Cossar, la consulenza scientifica di Valeria Vianello Dri e Annamaria Rossetti e l’assistenza alla regia di Eva Geatti, l’utile sguardo esterno dell’interprete, anche autrice e regista. La storia è quella paradossale ma di estrema verosimiglianza di una scimmia diventata uomo che dettaglia la propria esperienza di fronte a un’illustre accolita di professori. Non è la prima volta che questo racconto dello scrittore praghese suscita l’interesse dei teatranti, ma la messinscena di Giuliana Musso, in prima nazionale al Mittelfest, nella sua asciuttezza e semplicità d’allestimento, con una sedia da regista a sinistra, al centro la cornice di una porta su cui sono avvitate lampadine bianche come luci della ribalta e un appendiabiti sullo sfondo nero, ha una forza e un’intensità rare, tali da catturare pienamente l’accorto pubblico della manifestazione friulana. Musso ha le fattezze e l’andatura di Charlot, la sua ex scimmia per sopravvivere tra gli umani che l’avevano catturata ha scelto di calcare la strada del varietà, è un’artista, acclamata, adulata, lodata. Nel suo abbandonare la natura animale, e quindi libera, ha optato per il male minore, una professione che almeno le consentisse la libertà della fantasia. E’ però forte la malinconia per una vita in cui il pensiero e la percezione erano una cosa sola, non c’era separazione tra corpo e mente. Nel caracollare sul palco, esprimendosi con un linguaggio di estrema forbitezza, con grande deferenza riferisce agli astanti il suo percorso di animale, dotato di intelligenza, che capisce di doversi adeguare per resistere: usa il suo acume per ottenere di nuovo la libertà, ma quella limitata dell’uomo, stretto nel conformismo e nell’omologazione. Dalle parole di questo personaggio tracimano consapevolezza ma anche dolore, rassegnazione e nostalgia. Come quella per il cinema muto, per una certa forma d’arte sopraffina e rarefatta, perduta nel tempo che fu. Maura Sesia
https://www.sipario.it/recensioni/rassegna-festival/item/12841-mittelfest-2019-la-scimmia-di-e-con-giuliana-musso-di-maura-sesia.html
Date e orari spettacoli
Sala Mercato – Teatro Nazionale Genova
martedì 23 novembre ore 20:30
mercoledì 24 novembre ore 20:30
Biglietti su https://biglietti.teatronazionalegenova.it/
Intero 16 € – Ridotto Under 30 11 €
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