BIOGRAFIA
Da cinquant’anni protagonista della pittura italiana contemporanea, vive a Bogliasco, dove è nato, cresciuto ed è anche stato Sindaco per dieci anni, e a Genova, dove presiedeva l’Accademia Ligustica. Dopo gli studi artistici, nel 1958 si trasferisce a Milano dove vive i momenti più intensi della stagione informale, frequenta le lezioni di Brera ed entra nell’ambiente artistico che gravita intorno all’Accademia, diretta all’epoca da Achille Funi: frequenta gli studi e i locali degli artisti, conosce Alfredo Chighine, Roberto Crippa, Gianni Dova ed in particolare Piero Manzoni, che diventa suo amico e suo tramite verso gli ambienti dell’avanguardia. All’inizio degli anni ’60, periodo che appare determinante sotto il profilo delle scelte artistiche ed esistenziali, si collocano il ritorno a Bogliasco ed il matrimonio con Giovanna Casella, cui segue la nascita di Emanuela, Ilaria e Riccardo. Nel 1968, con la borsa di studio “Duchessa di Galliera” assegnatagli dal Comune di Genova, soggiorna a lungo in Inghilterra: guarda con particolare attenzione alla funzione della luce nei paesaggi di Gainsburough, Constable e, per affinità elettiva, Turner. Negli anni ’70 espone a Milano alla galleria del Milione, alla Galleria delle Ore e più volte alla galleria Cocorocchia: la prima nel 1973 nella collettiva “Il nuovo paesaggio. La natura”, ordinata da Gian Franco Bruno, in cui figurano anche dipinti di Afro, Aimone, Bacon, Birolli, Piccini, Morandi, Morlotti e Sutherland. Nel 1974 è presente con Mandelli, Moreni, Romiti, Bendini, Vacchi, Chighine, Morlotti, Carmassi, Fasce,
Brunori, Ruggeri, Saroni, Soffiantino, Forgioli e Savinio nella mostra “Ultimo naturalismo tra storia ed avanguardia”, curata da Marisa Vescovo, alla Loggia di San Sebastiano ad Ovada. All’intensa attività espositiva di tutti gli anni a seguire (è invitato a importanti mostre collettive tra cui le Biennali di Milano del 1987 e 1994, mostra a Conegliano Veneto, “Roberto Tassi e pittori – Da Fattori a Burri”, nel 1998; ha esposto nelle maggiori città italiane – Genova, Milano, Roma, Firenze, Venezia, Treviso, Perugia – ed estere – Parigi, New York, Washington, Ottawa, Vancouver, Baltimora) unisce una serie di preziosi interventi sul patrimonio artistico: nel contesto del rifacimento di Palazzo San Giorgio condotta da Pinin Brambilla, la restauratrice dell’Ultima Cena leonardesca, opera direttamente sul riquadro del San Giorgio e il Drago sul portale d’ingresso, nel 1995 nel restauro del presbiterio della Basilica della SS. Annunziata del Vastato reinterpreta il dipinto absidale di Giulio Benso “Incontro dei Santi Gioacchino e Anna”. Nel 1989 vince il concorso nazionale per due arazzi per il Grande Foyer del Teatro dell’Opera Carlo Felice. Con riferimento alla storia di Genova, rielabora, con chiave del rapporto paesaggio-luce, due opere classiche della pittura genovese: “Il Paradiso” di Bernardo Strozzi e “La Pastorale” di Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto. Nel 2005 il Comune di Genova a Palazzo Ducale lo celebra con una Antologica, “Raimondo Sirotti 50 anni di pittura” con testo critico di Marco Goldin. Nell’occasione gli è stato conferito dal Sindaco di Genova il “Grifo d’Argento”.
Nel 2006 alla Galleria di Arte Moderna di Genova l’artista propone una originale lettura contemporanea di otto artisti, da Nicolò Barabino ad Ernesto Rayper, da Rubaldo Merello a Plinio Nomellini. Nel 2008 Marco Goldin, su incarico del Comune di Brescia, organizza una grande mostra di Van Gogh, nell’ambito della quale presenta la personale di Raimondo Sirotti “Giardini 1958-2008”. Nel 2010 è ospite a Palazzo Reale di Genova con una grande mostra dal titolo “Sirotti – Mediterraneo il colore della luce”. Il suo dipinto “La quercia dei Cappuccini” è esposto nel padiglione Italia alla Biennale di Venezia del 2011. Alla Estorick Collection di Londra è presente nella mostra “Abstraction in Italy” 1930-1980 del 2012. Nell’aprile 2013, tiene una sua personale “Profumo e Luce” al Castello Cinquecentesco di Santa Margherita Ligure e nel mese di giugno al Museo Sant’Agostino di Genova “Genova e Raimondo Sirotti”. Nel 2014/15 è presente a Parma nel Palazzo della Pilotta nella mostra “Fuoco Nero” dedicata a Burri. In occasione degli eventi promossi da Genova per il suo 80° compleanno, Sirotti ha donato al Museo dell’ Accademia Ligustica una grande tela di tre metri per due. Si tratta di una rivisitazione del capolavoro di Bernardo Strozzi “Sant’ Agostino lava i piedi a Cristo in veste di pellegrino”, conservato al museo stesso dell’Accademia. Il suo dipinto “mare d’inverno” viene consegnato a Luca Zingaretti come premio Govi 2016. Dal 2016 al museo del Parco di Portofino viene installata una sua opera: “Il prugno”. E’ presente con il dipinto “Estate” nella mostra: “da Guttuso a Vedova a Schifano.Il filo della pittura in Italia nel secondo Novecento” al museo di Santa Caterina – Treviso curata da Marco Goldin.
RAIMONDO SIROTTI IL PITTORE DELLA LUCE
“L’opera di Rimondo Sirotti ha sempre avuto, a partire da certe prove già bellissime sul finire degli anni cinquanta, un disperato bisogno di sprofondamenti dentro la luce” – con queste parole Marco Goldin, critico e curatore delle più importanti mostre nel panorama italiano, apre il catalogo Sirotti pubblicato in occasione dell’antologica del 2005 “50 Anni di Pittura” che Palazzo Ducale ha voluto dedicare all’artista.
“Sirotti crea un dialogo tra la pittura e la luce, tra la pittura e il buio” – prosegue Marco Goldin – “Lui uomo di mare che ascolta il vento infilarsi tra le ginestre e le mimose, che scruta l’orizzonte non per dipingerlo come un assoluto ma per coglierne la precarietà, lo sfrangiarsi che l’azzurro mostra navigando verso terra.”
Romanticamente innamorato dello spettacolo della Natura, Raimondo Sirotti ha ricondotto l’esperienza informale alle tradizioni e ai valori ligustici di tono e di luce.
A metà degli anni Settanta, dopo una serie di citazioni testuali delle forme di Sutherland, Sirotti si è orientato, nell’alveo di un impressionismo astratto, verso una Natura intesa come fatto misterioso, metaforico.”Tana” è un’importante opera di questi anni che lo stesso Goldin definisce “straordinaria”.
Con la fine degli anni Ottanta, pur entro l’ispirazione naturalistica, Raimondo Sirotti ha liberato l’immagine da ogni riferimento oggettuale, stemperandola in una coinvolgente e suggestivamente evocativa esplosione di luce e di colore. Dove sono entrati i gialli, altri verdi, gli azzurri, perfino i rosa, dove la luce ha un potere ancora più forte.
Negli anni più recenti la sua pittura, costantemente sorretta da una lirica ispirazione, si è arricchita di nuovi ricorrenti temi, sovente affrontati, con incisiva gestualità, in opere di grande dimensione: i paesaggi interiori, le cave.
“Sirotti ha reso profumate le luci, come dichiara il titolo di un altro suo bellissimo quadro del 2002. Il mondo non esisterebbe senza questo ampio potere della luce”, come scrive Marco Goldin nel catalogo Sirotti.
SONETTO SIROTTI
vedo verde (anche adesso: e vedo vero,
ma velato, veloce): trema appena:
poi scende molto, poi si strappa: è piena
palude (che è il pensiero di un pensiero):
vedo le acque confuse: ma è un sentiero
di vetro, vedo ancora: è una catena
di luci (e si cancella): è pietra, è
vena ventosa: e vedo odori: e vedo, nero
ma ormai soffiato, il lampo vegetale:
(colano specchi deformati, in forme
deformanti): ma il fiore è minerale,
se esplode: (lo rimescola un abnorme
riflesso): e già germoglia:e l’animale
non resiste: (io lo vedo in ombre,in orme):
Edoardo Sanguineti
24 marzo 2005
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